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al testo di Marco Chiarugi
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L’ultimo sole di una calda estate Abbraccia il fienile Teneri raggi entrano dalle fessure dei perfetti mattoni in filari Riscaldano il dimenticato fieno di una mietitura antica Dalle travi, pendono sfilacciate corde senza forza La macchina del segato morta nella sua rigidità di ruggine Una scala appoggiata in fondo aspetta Un topo mi guarda stupito Per terra pannocchie sdentate di granoturco In un angolo vecchie bottiglie Vinsanto , Marsala, vermut ricordi di bicchierini satinati Chiodi infilati nell’intonaco tenero Chiodi infilati nelle travi possenti Date sui muri scritte a carbone Strani segni Numeri romani Raccontano di pazienti chiocce e instancabili vacche Nomi recenti di un fugace amore Fuori il vento minaccia le deboli foglie di un mandorlo malato si insinua tra le spine attente del giuggiolo scuote i piccoli fichi ormai bastardi Spettina il lungo paleo che copre la terra Il pozzo sonnecchia con il suo bordo lacero i vaghi ricordi di corde e catene la malinconia di giovani visi che di giorno si specchiavano nella sua anima limpida il sole non abbraccia la grande casa il suo lato a bacio di rado riscalda Un rovo tenace e scontroso Mi regge da dietro e mi frena Il bisogno di ricordi prevale La debole porta si apre Nel buio dell’androne il forno mi saluta E quasi con pudore e vergogna Mi parla di giovani donne di vecchie e fanciulli Festanti allo sforno del pane Alle spalle la stalla Muri pregni di muggiti lamenti resie stupita nella nicchia persa del suo primitivo spirito l’effigie di s. antonio mi guarda in cima alle scale consumate la buca e la bieca lisciva che ancora il naso col suo odore pervade la grande cucina dal pavimento crollato ha l’eco di povere cene mamme babbi fratelli cugini ad ascoltare l’allora importanza dei vecchi appoggiato alla parete il camino orfano di tante storie d’amore di vita di morte soffre in silenzio pensando alle vecchie di casa che sotto di esso trovavan rifugio prima di cedere il posto al sonnacchioso barbagianni padrone di ora camere con travi spezzate camere con pavimenti corrotti decorate di verde di rosa con fregi e balze di mani tremanti riempiono i muri della grande casa la fame di ricordi è placata scendo la scale mi chiudo alle spalle la porta mi giro e guardo la casa è l’ultima volta arriveranno le ruspe la storia del suo ventre che ha dato la vita ha cresciuto speranze non conta non conta se ha dato riparo da lei son partiti tanti soldati per le guerre dei ricchi a lei son tornate tante braccia per il lusso dei ricchi di lei ora sol contano i metri e la pergola dai grappoli secchi aggrappata sul davanti verrà cancellata agli occhi di chi vuol ricordare insieme all’intonaco color verde rame.
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